Don Domenico Leonati dalla gratitudine al servizio

Don Domenico Leonati

Tra le “parole gentili” suggeriteci da Papa Francesco durante un’udienza generale,1 c’è anche il “grazie”. Parola semplice, che racchiude una grande forza e che non è frutto di una buona educazione anche se, come dice S. Francesco di Sales, “la buona educazione è già mezza santità”. Il grazie esprime uno stile di buoni rapporti, saldamente radicato nell’amore del bene e nel rispetto dell’altro. Tante persone entrano ed escono dalla nostra vita arricchendola con i loro piccoli gesti. Oggi un po’ tutti andiamo di fretta e spesso facciamo fatica a dire “grazie”, ma la gratitudine esprime la nobiltà dell’anima ed è un potente mezzo che aiuta a superare la malsana abitudine della lamentela e dell’indifferenza. Non è facile essere grati di tutto ciò che avviene nella nostra vita, anche se un cuore grato è una delle principali caratteristiche del cristiano perché si contrappone all’orgoglio, all’egoismo, alla preoccupazione e rafforza la fiducia nel Signore. La storia della nostra Famiglia salesia – anche ai nostri giorni – è intessuta di fiducia e di abbandono nella Provvidenza, quindi di gratitudine. Trovo che questo splendido stile di vita di tante Salesie ha le sue radici nel cuore del nostro Fondatore don Domenico Leonati. Nella sua Memoria autobiografica leggo: “Pro bono pacis et charitatis io Domenico Leonati […] Giovanetto di 10 anni in 11 sono stato graziato dall’ Ill.mo Reverendo Pietro Barbarigo Patriarca di Venezia da essere ammesso gratis tra i Chierici in Seminario di San Cipriano di Murano. Poi, di là rimosso, mi fece passare nel Collegio Campioni di Padova di cui tiene giurisdizione il Patriarca protempore. Compiuti i miei studi ricevetti la Laurea dottorale in entrambe le leggi, senza averne spesa della mia casa […]. E ancora: “Provvide Sua Divina Maestà di più benefattori, ed alcuni con grosse somme, onde si è potuto comperare lo stabile ove soggiornano le fanciulle e farne altri acquisti, i quali si trovano fatti sotto il mio nome, ma tutti devono considerarsi non come pertinenti a me né alla mia casa […] “ 2 Don Domenico riconosce i tanti doni ricevuti ed esprime la sua gratitudine con un modo di essere che va oltre le sue stesse azioni. Patrizio Paoletti sostiene che la chiave della gratitudine è contenuta nel perdono, cioè nella capacità difarsi un dono.3 È stata proprio questa capacità di farsi dono che ha permesso a don Domenico di squarciare il velo della routine sociale e costruire un futuro orientato al nuovo. Ha iniziato da subito, con umiltà, valorizzando le cose semplici della vita. Attento e preparato, grazie a chi si era preso cura di lui, ha percepito con chiarezza la necessità di prevenire il male e ha avviato un Conservatorio e scuole gratuite in Padova per accogliere fanciulle povere e indifese, insegnare un lavoro, avviare alla conoscenza della vita cristiana, creare relazioni… L’animo grato di don Domenico si è speso tra la gioventù per migliorare la società del domani creando il gusto del bello. Ha dimostrato la sua gratitudine agendo con distacco e con umiltà, valorizzando ciò che davvero è importante nella vita. Per quanto ricevuto, Don Domenico Leonati, amante della vita altrui, è stato un Servo di Dio al servizio del popolo di Dio. Dirà: “Mi sono dato senza cura di me stesso”. La sua vita, spesa nella gratitudine e nel servizio, ha lasciato nel tempo il segno vivo della sua presenza in coloro che continuano la sua opera credendo nella forza dell’amore che si dona con gratuità.

  1. Papa Francesco, udienza generale 13 maggio 2015
  2. Don Leonati Memoria autobiografica e di intenti, 1779. ASP Corporazioni Soppresse Vergini di Vanzo Mazzo II foglio E
  3. Patrizio Paoletti, pubblicato il 30 marzo 2020