Vanzo era una zona isolata, con vaste distensioni di campi, situata a sud-est di Padova e limitata fra le vie delle Dimesse e il piazzale di S. Croce. Il confine settentrionale era lambito dalla riva destra del Bacchiglione. Il più antico documento in cui appare il nome Vanzo risale all’anno 970. A Vanzo sorsero: un tempio in onore della Vergine, noto con il nome di S. Maria in Vanzo, un monastero che nel 1669 divenne il Seminario vescovile e le chiese annesse. La serenità del luogo era data dai prati, dai campi, dai ruscelli, dai platani ombrosi e dal silenzio. Era una zona paludosa, soggetta a inondazioni e ricoperta di salici. 1 Il poeta veneziano Marco Lanza descrive così un luogo del Vanzo a noi tanto caro: «Nel Prato della Valle in Padova, all’imboccare del Borgo Santa Croce, c’è una stradicciola frequentata da chi è amante del meditare o da chi desidera fare una piacevole passeggiata. Questa strada che si chiama “Via delle Vergini di Vanzo” conduce ad un monastero silenzioso come i luoghi che lo circondavano. È una via per dove non passavano ricchi equipaggi e dove non c’è opera dell’uomo. È fiancheggiata da sei grandi alberi tra le cui spesse fronde cantano gli uccelli. Procedendo per quella via ci si trova davanti a una chiesa sempre aperta. Oggi è domenica e passando dal di fuori, si sentono le melodie del canto delle Vergini. Qua e là ci sono dei poveri contadini e dei poveri della città inginocchiati che si raccomandano alla misericordia del Padre Celeste. Dal coro si spande il salmeggiare delle monache che non pregano per la loro ristretta famiglia, ma per la grande famiglia del mondo; pregano e adorano rivolte all’ maggiore dove c’è Cristo Sacramentato. Inoltrandoti per la via delle Vergini di Vanzo senti la voce del Signore e il conforto della fede». 2
Nel 1517 arrivarono i Domenicani; nel 1550 i Cappuccini; nel 1615 le Dimesse; nel 1682 le Eremite.
Qui, a Vanzo, in quest’oasi di pace, in questa appendice quasi staccata dal resto della città, lambita dal Bacchiglione e dalle mura cinquecentesche, nel 1751 don Domenico Leonati ha trasferito il Conservatorio, scegliendo come dimora una modesta cascina che ha richiesto tre anni di duro lavoro da parte delle “Vergini di Vanzo” (così venivano chiamate le prime educatrici), delle fanciulle e di due falegnami per renderla decentemente abitabile.
In questa seconda dimora l’opera del Fondatore rimarrà per ben sessant’anni, espandendosi nei luoghi più poveri della città con sei scuole gratuite fino a quando, nel 1811, la triste soppressione napoleonica disperderà ogni cosa.
Quel terreno adibito ad uso agricolo, è stato poi trasformato in area fabbricabile e la cascina delle Vergini di Vanzo, oggi trasformata in Pensionato per studenti, è irriconoscibile.
Rimane l’Oratorio, ampliato da don Domenico Leonati, restaurato poi nel 1916 e ridotto a ripostiglio da quando, nel 1960 per ragioni di viabilità, venne arretrato e abbandonato.
Il tempo cambia il volto delle cose, ma non la storia, e nemmeno ciò.