
03 Nov Vanzo, la voce delle pietre
Zona del Vanzo-Padova-prima metà anni 20 del 1900
In questi giorni in cui il magico autunno riempie di colori la natura, ci si accorge di più del tempo fugace che se ne va. Ovunque, anche da ciò che ci circonda come presenza silenziosa, si coglie un messaggio, una voce. Persino le pietre ci parlano: narrano la storia. Ci sono pietre che attraggono per la loro strana forma per cui, anche camminando per un sentiero montano, ti fermi, guardi attentamente, raccogli, tieni con te… e ci sono pietre abitate da sentimenti cari, legati a una storia lontana nel tempo ma ancora vicina, capace di emozionare.
Le pietre limate e lavate dal tempo della “vecchia cascina” del Vanzo, luogo dove la spiritualità e la storia dell’Istituto salesio hanno affondato le sue radici, sono testimoni silenziose della vita di un territorio campestre che non c’è più, di un passato silenzioso che contrasta con il tumultuoso mondo attuale. L’intervento dell’uomo è chiaro: la strada delle Vergini di Vanzo che dal Prato Della Valle conduceva nella piazzetta del Vanzo non c’è più; anche l’immensa campagna, il laghetto, gli orti coltivati non ci sono più. Pochi segni permettono ancora di riconoscere la struttura del Vanzo di un tempo. Ci regalano la stessa sensazione che si prova leggendo un libro di storia, con tanto di nomi e cognomi che documentano le radici della nostra Congregazione. Girando le pagine di questo “libro virtuale” senti decantare il carisma del Fondatore don Domenico Leonati che, passando da una vita all’altra, è giunto fino a noi. Le pietre del Vanzo lasciano affiorare ancora la devozione e l’amore di chi le ha abitate, di chi, con la preghiera e il sacrificio, ci ha donato un orizzonte di grazia. Guardando la foto risalente al tempo della costruzione del maestoso edificio del palazzo Esedra (1925) vicinissimo al Vanzo, si percepisce il silenzio avvolto di preghiera nell’adorazione perpetua, il vociare allegro delle fanciulle, il fremere generoso delle prime educatrici impegnate a custodire e a formare alla vita future madri di famiglia. Dispiace ora vedere lo “sbandamento spaziale” operato dall’uomo mentre, curiosando qua e là si cerca di rintracciare ciò che è rimasto dell’antico edificio, quasi a voler tornare indietro per ritrovare quella “vecchia cascina” resa abitabile dal duro lavoro di mani di donne e di fanciulle.
La voce narrante delle pietre trascende la vita e ci spinge lontano nel tempo cosmico. Facendoci ritrovare storie di vite dedite alla carità preveniente e operosa per la tutela e lo sviluppo della persona e della sua dignità, ci regala emozioni che saziano il corpo e lo spirito.